Zafferano: tutto quello che c’è da sapere

Non c’è niente da fare anche le spezie più costose, per avere il loro posto in società, devono darsi da fare. Certo ognuno ha i suoi guai.  E quelli dello zafferano sono il ‘pressappoco’, l’idea di stare parlando di un entità mista tra il mistero e la superficialità. Stato dell’arte  fomentato dal fatto che difficilmente sulle confezioni che si trovano in commercio si trova scritto qualcosa di più che la dicitura: ‘zafferano’. Mentre questa spezia è un mondo

Proprio l’altro giorno, al Ristorante Daniel di Milano c’è stato il debutto della campagna su quello che viene considerato lo zafferano europeo, vale a dire: il Krokos Kozanis DOP. Tra gli altri c’era il Promotore (e gestore del padiglione greco Expo 2015) Giorgio Bacagias con la quale ho potuto fare una lunga chiacchierata. Perché per capire i termini del problema bisogna intendere cosa significa coltivare e raccogliere zafferano.

Intanto bisogna partire dalle piantine: Grecia e Iran condividano Krokos autoctoni (a Santorini e a Creta sono state trovate pitture antiche del fiore); altri paesi produttori invece le comprano da stati terzi e non sempre la qualità è buona. 

Poi c’è la questione di quanto raccogliere, cioè per quanto tempo. Nella cooperativa di Giorgio Barcagias i rizomi si buttano dopo 5 anni e i pistilli (il raccolto migliore si ottiene al terzo anno) si raccolgono solo partire dal secondo, perché prima la qualità è troppo bassa. 

Mentre, riguardo alla fioritura: dura due settimane e mezzo, ma nel momento in cui sbocciano devono essere raccolti immediatamente (dopo 6/7 ore il fiore marcisce). 

Dopo di che vengono separati i pistilli dal fiore e dunque vengono portati negli essiccatoi e lasciati  ad una temperatura di 30 gradi  fino a che non raggiungono un tasso di umidità del 10%. Cosa importante perché per la maggior parte dei produttori si parla del 12% – perché imposto dalla normativa-.

A questo punto, raggiunta l’essicazione, si elimina la membrana bianca sotto i pistilli, (così facendo si toglie un altro 10% di peso) si analizza la qualità del raccolto e viene pesato e chiuso S in barattoli da 2 chili, pronto per essere lavorato entro le 24 ore dall’arrivo dell’ordine.

E qui il nodo viene al pettine, perché destinatario è l’alta ristorazione -il canale Horeca- garantito anche dalle certificazioni dell’Università Statale Milano Bicocca, dai protocolli delle certificazioni per l’agricoltura biologica, e dai pistilli di zafferano che si presentano in tre filamenti ancora uniti, cosa che  rende impossibile la falsificazione.

Per i consumatori è tutta un’altra storia; ed è un discorso che vale per lo zafferano greco, come quello italiano, indiano o iraniano. Considerato che  sulle bustine non c’è l’indicazione della provenienza del prodotto, ne il nome di chi l’ha coltivato. Dunque i produttori non hanno la possibilità di differenziarsi e fare conoscere il loro prodotto, rimanendo in un limbo confuso di mediocrità/uniformità rispetto alla visione che la maggior parte delle persone ne possono avere.

Ovvio questo è un punto di vista. A sentire le imprese che lavorano e commercializzano lo zafferano al dettaglio, la considerazione è quella secondo cui attraverso un mix di diversi tipi di zafferano sarebbero creatori di sapori, unici ed originali e (forse) con ricetta coperta da segreto.

C’è da chiedersi perché i produttori non entrano direttamente nel mercato al dettaglio. 

La questione è che per essere presi in considerazione  dall’ufficio acquisti di un supermercato è necessario garantire quantità e prezzo, dare determinate garanzie di pagamento ed investire nelle promozione pubblicitaria del proprio prodotto. Conclusione: costi impossibili da sostenere per un produttore o un una piccola realtà. Situazione a cui va aggiunta la consuetudine di privilegiare, per comodità, imprenditori che commercializzano più prodotti. Oltre a dovere avere come competitor, per ottenere qualche centimetro di uno scaffale imprese presenti nella grande distribuzione da tempo immemore.

Resta che lo zafferano è una delle spezie più contraffatte che ci siano, forse per via del costo (con una mattinata di lavoro se ne produce un chilo). Ma niente paura, lo zafferano è  un impavido cavaliere e Giorgio Barcagias mi ha svelato i trucchi per smascherare le bustine contraffatte. Dunque:

1- Nel caso in cui abbiate tra le mani zafferano in polvere, prendete un bicchiere a calice, riempitelo di acqua ghiacciata  e buttateci dentro lo zafferano:

a- se il colore scende… è un colorante

b- se ruotando il bicchiere (come se steste facendo una degustazione) la polvere sporca il vetro… è colorante

c- lo zafferano non è idrosolubile, quindi se si scioglie non è zafferano.

2-  Ma se avete comprato pistilli… allora adagiateli sulla carta da forno, sprimacciateli un po’ e se vedrete una macchia arancio… è colorante e i filamenti nient’altro che (in molti casi) Calendula.

Elisabetta Guida