Vetro

Pensare al vetro come una combinazione di una spiaggia, su cui aleggiano nubi nere e minacciose, delle onde del mare che si fanno sempre più alte e forti e poi di tuoni e fulmini, rende l’idea.
Perché è un materiale incredibile, anche se la parola giusta è magico, forse divino. Visto che, se si dice che alla base degli incantesimi delle streghe ci sia l’abilità di saper manipolare gli elementi, qui, siamo oltre. Perché è la natura stessa che si mette ad operare.
Certo, poi ci mettiamo del nostro.
Ma è quel suo essere così leggero e simile alla terra che gira, al tempo che passa, a niente che rimane lo stesso (o forse, diventa più se stesso). Trovo che il senso del vetro sia la fragilità: il cemento, la pietra, i mattoni, ingannano. Hanno un aspetto così imponente che sembra siano lì per durare per sempre. In un certo senso inquietante -ma forse più stritolante-. E non è una questione di solidità -grazie all’industria si è riusciti a fare lastre di vetro brando e con le caratteristiche di materiale di costruzione- ma di percezione. Un po’ La differenza tra una mattina ventosa ed una in cui l’aria è drammaticamente ferma.
Elisabetta Guida