Stracci, foulard e stole

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Leggevo da qualche parte, anni fa, che un cantante, sempre in tournée, per rendere più si intimi e simili ad una casa, le suite degli hotel dove si era trovato a vivere, ricopriva le lampade con dei foulard.
Ma ci sono comuni mortali che li appendono ai muri come fossero arazzi. O li usano, per dare -in genere alla camera da letto- , quel senso di ‘riparo’ , che viene trasportato dal vento in qualche luogo magico e sconosciuto. Vengono in mente i libri di viaggio di Bruce Chatwin. 
Oh certo un foulard, e si pensa subito a quello che rappresenta.
Ma gli stracci sono ancora meglio, perché hanno l’attitudine a dare quel meraviglioso senso di incompiuto… un qualcosa che si può trasformare in qualcos’altro in un battibaleno. Cosa chiedere di più? Vivere in una casa come fosse l’atelier di un’artista, dove gli stracci e le macchie di pittura qua e là raccontano il ‘flusso’: cioè il tempo, e noi, che lo stiamo usando per fare qualcosa.
A parlare in generale i pezzi di stoffa ‘sono’ l’impermanenza fatta e finita, la bellezza dell’attimo che sta sparendo per sempre nel momento stesso in cui lo si guarda. Il fascino etereo di un drappo di stoffa. E a volere rappresentare l’intera categoria chi farebbe meglio di una stola?
Elisabetta Guida