Secondo me gli intellettuali hanno una tara sul cuore. (Poteva essere una cosa bellissima)

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Sono reduce da una conferenza stampa in cui di fianco al sindaco di un importante città la responsabile di un museo con un espressione grave è quasi immusonita dal peso del progetto che stava presentando. Si tratta di un gioco, creato da un associazione che studia una popolazione ha vissuto in italia. E allora tutti questi discorsi sul gaming, ma la cosa che ho trovato al di là del bene e del male sono tutte quelle parolone sul linguaggio contemporaneo da applicare anche ai musei.

Ma questa gente vive su Marte?

Io sono prima di tutto arrabbiata visto che gestiscono beni che sono di tutti e non hanno la minima idea di cosa sia l’arte.

L’arte è vita, amore, passione, anche il sentimento più bieco, il linguaggio più scurrile come il più soave. L’arte serve a vivere. Non è un ombrello bagnato in una scarpa e/o il conferimento della medaglia da grande intellettuale senza emozioni, tutto cervello.

Poi ho pensato: è gente con il cuore tarato. Visto è con questo che si capisce l’arte. Invece sempre coi loro musi, il loro darsi importanza, gelidi. Un po’ basta.

Forse sfugge che la grandezza dell’arte è quella di essere riusciti a dare la forma di un emozione, un sentire, nell’assoluto. Tanto che ci riconosciamo oggi 19 ottobre 2023 come nel momento in cui è stato creato. Un dipinto, una scultura sono un miracolo hanno l’universalità dalla loro. E non è il linguaggio più o meno colto che fa ma cosa e trasmettono. Per questo motivo parlano a tutti e sono considerati arte.

Magari ricordiamo che i libri d’arte sono il compendio delle cantonate di questi grandi intellettuali. Per esempio Van Gogh. A proposito, sempre a lamentarsi che ‘i giovani’ non vanno nei musei!? Semmai non vanno in quelli gestiti da loro visto, visto da Van Gogh (intendo la mostra digitale non quella del Mudec) di persone ne ho viste.

Elisabetta Guida