Realtà…


C’è una illustratrice, Jane Newland, che disegna paesaggi idilliaci. Là si guarda e spesso si pensa ah ma questo è il ‘paradiso’, come fosse qualcosa di irreale. Però no, perché è a questo che serve l’architettura. Spesso mi capita di imbattermi nei progetti d’architettura pubblica della Danimarca e succede che pensi: waaaa




Penso al faro di Rubjerg Knude che è stato sollevato dalle sue fondamenta e spostato diversi metri più in là per sfuggire all’erosione del suolo. Il progetto segue l’idea di consentire a chiunque di farne esperienza. Ma quello che lo rende super affascinante è che non si sa per quanto tempo ancora resisterà ne se gli amministratori dello Jutland Settentrionale troveranno il denaro per procedere ad un nuovo salvataggio.




Qualche giorno fa mi sono imbattuta in “Copenaghen Island” o “Parkipelago’ costruito nel porto della città. Immaginate una serie di piccolissime isole galleggianti dove andare a guardare le stelle, farsi una nuotata, prendere il sole o navigare. Ma anche un luogo dove uccelli, insetti, pesci, molluschi e alghe trovano il loro habitat ideale. Lo scopo dichiarato da Marchall Blecher e dal Danish Design Studio Fokstrot, autori del progetto, è stato quello di creare un catalizzatore di vita. A proposito le isole non fluttuano per un caso: vengono posizione tra le parti del porto sottoutilizzate e quelle di recente sviluppo. Questo le rende uno spazio verde in costante cambiamento, come fossero vive… cioè una parte naturale del territorio. Invece sono fatte di legno e costruite a mano nei cantieri navali, usando le stesse tecniche con la quale si fanno le barche. E certo sono sostenibili e totalmente riciclabili. Il primo prototipo fu lanciato nel 2018 ed ebbe molto successo, in seguito quest’anno ne hanno aggiunte altre tre e piano, piano, diventeranno sempre più numerose.





Poi un progetto che mi ha fatto pensare che anche i danesi sono esseri umani. Si tratta dell’albero della conoscenza. Un passo indietro: nel 2025 Copenaghen sarà la prima capitale a zero emissioni. Così è stata costituita la Land Art Generator Initiative la quale ha per obiettivo quello di fare di un generatore di energia un’opera d’arte. Ed Unique Vision Studio, Natalia Jejer e Omar Khaladoun Gharaibeh hanno pensato ad una grande mela dorata ispirata alla favola di Andersen “Il giardino perduto”. Incuriosita l’ho letta e l’ho trovata orribile. Così tutta la scultura che fino ad un attimo prima trovavo meravigliosa (intorno alla mela ci sarebbero diverse radici che sbucando dal terreno -ed essendo il tutto installato in una zona urbana/industriale- ci ricorderebbero l’impatto ambientale che le nostre vite hanno sul pianeta) s’e’ infranta verso questo inno all’obbedienza. Conclusione l’incantesimo si è rotto irrimediabilmente.
Viva Eva. Elisabetta Guida