Non ci sono regole.



Pensavo alla Design Week: come darne conto -ammesso che voglia farlo-.
A Milano da tre settimane a questa parte è già cominciata la girandola delle conferenze stampa.
Così mi sono messa a riflettere sulla voce di ognuno, cioè al senso dell’unicità di ciascuno. L’idea che più persone la pensano in un certo modo più acquista peso. In realtà credo valga sempre uno. Nel senso che un punto di vista, è solo uno delle infinite letture che può avere una realtà. Vale anche per le atmosfere, le emozioni, quel senso di casa che alle volte ci coglie.
La verità è che non ci sono regole, men che meno su dove mettere un mobile o come arredare casa. I must have valgono per chi deve trovare il modo di vendere o sopravvivere alle proprie insicurezze senza affrontarle.
Certo bello prendere spunto, confrontarsi, capire cosa si vuole.
Forse la chiave per raccontare la settimana del design non è l’ultima novità ma la leggerezza. Rimane che la mia, se deciderò di scriverne, sarà una visione un po’ zoppa. Escluderò, a prescindere, chi ha ripagato la pubblicità gratuita che ho fatto con i miei articoli, attraverso maleducazione, arroganza, calunnia. Col tempo ho imparato che le società non sono meglio degli uffici stampa che si scelgono. Non sono gli opposti che si attraggono, ma i simili.
Gli altri anni mi vedevo tutta, ma proprio tutta, la Design Week, fiera compresa. Cominciavo il giovedì con le anteprime e finivo il venerdì della settimana dopo con nausea per la stanchezza. Prendevo ogni le intervista che mi proponevano e non le facevo alla cavolo, studiavo il designer, mettevo a confronto gli editori per cui lavorava, un lavoro infinito. Quest’anno non so neppure se ci vado.
Comunque la mia idea di casa ed atmosfera è un po’ quella delle fotografie che ho scelto per impaginare.
Elisabetta Guida






