Israele ed il cibo di strada

Per una manciata di ore Go Isreal ha gettato un incantesimo su un interno di un palazzo del 1700, in Corso Magenta a Milano. 

Anche se già il posto -Cavoli a Meranda, il ristorante a cui si è appoggiato l’ufficio del turismo Israeliano- ha, di suo, un alone di mistero.

E non soltanto per il fatto che non sia su strada,  ma perché si trova in una parte del corso dove la strada si stringe , gli edifici sono alti, c’è il via vai di macchine, persone, non ci sono negozi senza negozi che non siano caffè per via della vicinanza con il cenacolo, insomma senso di grigio. Poi succede che si suona il citofono, come se si andasse a trovare un amico, e ci si trova in un luogo completamente inaspettato. La grande meridiana che domina il cortile e appena sotto, un terrazzo verdissimo. 

Proprio qui, Go Israel ha organizzato uno showcooking sul cibo da strada. 

Abbiamo imparato a fare il Sabich, il panino tipico di Tel Aviv, con melanzana fritta, uova sode, pomodori, cetrioli, cipolle, di cui peraltro, ognuno ha la sua ricetta. Belle le specialità  in movimento. Perché non esiste un Sabich definito è concluso, è più un’idea  a cui ciascuno porta del suo. Si tratta di un concetto sempre sfuggevole come l’identità. 

Non per niente il bello di Israele è quello di essere una società cosmopolita, composta dalle più diverse etnie. Tanto che si dice che fino a qualche tempo fa non si potesse parlare di cucina israeliana. Una condizione che il cibo condivide con il vino. Durante la dominazione islamica vennero strappate tutte le viti, così Israele non ha vitigni autoctoni. Se non fosse che ha un terreno così particolare che ha reso sue, le viti importate.

Rimane che il  Sabich rappresenta Tel Aviv, il mare, la spiaggia, i locali, in una parola: la vita. Il New York Times l’ha inserita nelle prime dieci città più movimentate al mondo. C’è chi dice che Tel Aviv sia un quartiere di New York, cosa che certo si può dire di Gerusalemme. Ma di lei si parla ogni volta che si accenna alla luce, per via del suo nome.

Gerusalemme è la città della luce ed il meglio di se’ lo da’ al tramonto. 
Ma se si passaste per la città vecchia, il cibo da strada per eccellenza è l’Hummus: ceci, salsa di sesamo, limone, paprika, pepe, aglio. C’è un ristorante che lo cucina a mezzogiorno in punto e lo serve caldo. E non presentatevi due ore dopo, perché non trovereste più nulla.

All’hummus, durante la serata sono seguiti, felafel, grano cotto, fichi e formaggio. Si è brindato con un vino bianco della Galilea, l’Onot; perché il 15 settembre inizia un nuovo anno, esattamente il 5784. (Sembra che il conto degli anni sia iniziato il sesto giorno, a partire dal quale il mondo fu creato).

Ma la parte più strabiliante è che Go Israel è riuscita a fare sparire tutto l’intorno.

Il terrazzo del ristorante si è trasformato in un tappeto volante e si è sentita Israele sulla pelle.

Il caldo, la sabbia, i colori della terra, le macchie verdi, la pietra, il mare, la gente festosa.

Elisabetta Guida