Incontrare Fulvio Scavia

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Premessa– ho incontrato Fulvio Scavia due volte nella mia vita, una durante una conferenza stampa della Milano Jewels Week, l’altra, il 7 novembre al Museo Bagatti Valsecchi per la presentazione di una mostra personale dedicata al Gioielliere, per i suoi 100 anni dall’apertura del primo negozio. 
Si tratta di “Il secolo d’oro di Scavia. Una bellezza che incanta”.
È una mostra bellissima che dura un battito di ciglia (fino al 12 novembre), ma pare questa sia solo il primo atto.Sembra che la collaborazione continuerà. L’idea sarebbe è nata perché la gioielleria Scavia è alla quarta generazione mentre il museo Bagatti Valsecchi è diretto dall’erede dei due fratelli che diedero origine a questo progetto rinascimentale -appunto Camilla Bagatti Valsecchi-. 
Forse il segreto per continuare una tradizione è fluire. Cosa che ha Fulvio Scavia viene benissimo. 

Questo articolo è il risultato dell’incontro dello scorso martedì con il gioielliere.

Fulvio Scavia è un fuoco acceso, una fiamma che si lancia per raggiungere la bellezza. 

Perché noi esseri umani  non riusciamo a vederla nella sua interezza; è troppo grande, troppo luminosa. Però la conosciamo per negazione. La bellezza è una ricerca intima. Creare gioielli è qualcosa che va  a sovrapporsi con l’identità. Le pieghe dell’oro, il taglio di una pietra, la scelta della gemma raccontano una storia.

Ci sono gli  intrecci di vita: la sua e quella della sua famiglia.

Ha raccontato, durante la conferenza stampa della mostra che il suo bisnonno era un ecclesiastico svedese, il nome originale faceva:’ Skavia. Arrivò in Italia con l’intenzione di convertirci, invece poi conobbe la sua bisnonna è quello ad essere illuminato fu lui. 

Poi suo nonno, che era un musicista, non c’era niente che amava fare di più al mondo che suonare. Fu lui ad aprire prima un laboratorio  in Corso 22 Marzo, ed inseguito nel 1923 un negozio su strada. Arrivò la guerra, i bombardamenti, l’incidente grave che capitó a suo papà, sua mamma che dovette da sola gestire il negozio e vendere la fabbrica che Fulvio Scavia ricompró. Perché quello che voleva fare nella vita era creare gioielli unici che regalassero gioia. 

Allora le gemme che  sono la sublimazione della natura: la cosa più bella che esista.

E di pietre ce ne sono tantissime, chiaro che abbiano i requisiti di rarità, durevolezza e bellezza.

Ci ha raccontato che in Spagna ha scoperto la Svalerite gialla, in una miniera di Zinco, una gemma che ha il potere riflessivo del diamante, anche se molto più morbida. E che con il suo maestro di scalata è andato addirittura nella base scientifica in Antartide.

Poi i tagli: da Scavia fanno da loro. Il motivo è che i tagliatori vendono a peso quindi non tutti lavorano per fare risaltare la particolarità di una pietra. A proposito ci diceva che ama i diamanti del 1600/ 1700, perché se oggi ci sono  delle regole precise per tagliarli allora non esistevano e se un’artigiano era bravo uscivano cose stupende anche se magari il punto di riflessione interno è sbagliato. 

Tutto da Scavia parla di singolarità. Sono loro i creatori, non un piano di marketing. Magari un oggetto finisce che lo tiene per dieci anni perché i tempi non sono maturi, le persone non lo capiscono ma in definitiva è questo ha reso grande questa gioielleria: non avere perso la propria unicità. 

La vita delle donne che ha incontrato che è una specie di ponte. 

Da una parte c’è Fulvio Scavia, che cerca di leggerne l’anima (sono la sua fonte d’ispirazione), da uno sguardo, da un movimento del capo, da tutto quello che è il non detto perché è lì che si trova la verità al di là di qualunque parola. E Scavia con i minuti contati ed il suoi negozi in giro per mondo è diventato bravissimo a “cogliere”. 

Dall’altra ci sono loro, perché anche per comprare un gioiello ci vuole consapevolezza, bisogna riconoscersi, si deve sentire un senso di appartenenza insomma anche qui è una questione di identità. 

Mi piace Fulvio Scavia, tanto, tantissimo. Per quella sua semplicità che invece nasconde una complessità infinita. Perché non è una sovrastruttura, è lui, è il suo castello scelte, affetti, vita, obiettivi. Non si è fatto schiacciare dal ‘tutti fanno così’, non vive qcome la società vorrebbe come se la vita fosse un menù. Ma vive. Quando gli si chiede qual’e’ il suo gioiello più rappresentativo, risponde: l’ultimo. Io in realtà al di là dei gioielli meravigliosi è questo che vorrei passare a chi mi legge. Perché in genere di queste persone si fa il “santino” e si continua a farsi manipolare, dicendo ‘ ehhh è stato fortunato’. 

No, non è stato fortunato: è stato b r a v o.
Elisabetta Guida

Per la Casa Museo Bagatti Valsecchi, Scavia creerà un gioiello con le Salamandre. Il ricavato sarà devoluto al museo.