I surrealisti al Mudec di Milano

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Ieri mattina conferenza stampa per l’apertura della mostra: “Dali, Magritte, Man Ray e il Surrealismo”.
La presentazione è stata a dire poco, triste se non imbarazzante. Chi ha parlato di arcobaleni, un’altra mostra per l’80% dell’intervento. Chi ha solo ringraziato, e ringraziato, poi ancora ringraziato ed alla fine ringraziati tra loro. Ma è possibile che non ci sia un altro sistema per dare visibilità a queste persone? Un’idea potrebbe essere scrivere i loro nomi su una parete della mostra, un po’ come si fa con chi dona denaro per ristrutturare un bene. Perché continuare così, davvero, non ha senso e non si capisce come un elenco di nomi letto, che viene subito scordato possa esprimere riconoscenza.
Le opere sono inestimabili, ben 180 arrivano dal Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Come si può non avere rispetto?

Ma la mostra:

per me il modo migliore per vederla è la modalità onirica. Intendo fuori dai pensieri e completamente dentro le sensazioni, quasi una cosa tra noi e noi. viaggio. Insomma un viaggio; come ha raccontato la curatrice olandese (meravigliosa, ma meravigliosa) il surrealismo è un attitudine. Per il movimento non c’è separazione tra corpo e spirito -così andando contro al pensiero tradizionale formulato per la prima volta Descartes nel 1600-. Tutto è istinto, natura, corpo. (Pensate che rivoluzione). Da qui l’interesse per capire come funziona il pensiero (la psicologia era appena nata); Il binomio bellezza/dolore da una parte indagando come traumi cambiano la società, dall’altra l’idea di bello e le varie combinazioni, i miscugli…
All’interno della mostra si può fare un gioco bellissimo: “Il cadavere squisito”, inventato niente meno che Andre’ Breton, Jacques Prevert, Jacques Diahamel e altri. Tutti potranno scrivere una frase o fare un disegno: alla fine della mostra si avrà il testo collettivo più grande del mondo. Lo scopo finale è osservare, come funziona la mente, senza il controllo della razionalità (non sapendo come si è la persona venuta prima). A me viene in mente l’inconscio collettivo.

Quanto all’allestimento non aiuta molto la modalità che consiglio. Bello, indubbiamente, però mi è sembrata la normalità per una mostra contemporanea. Si tratta di un insieme di filmati, dipinti, oggetti (c’è una scatola di Elsa Schiapparelli bellissima) documenti, collage, libri… è un po’ come trovarsi in una soffitta ricca di tesori. Per me, però l’immersione totale e’ il metaverso. Voglio dire, ormai abbiamo la tecnologia che consente esperienze inimmaginabili e questa una mostra sul surrealismo che decisamente presta. Forse l’ho trovata poco coraggiosa, forse perché il messaggio surrealista è ancora sovversivo? Chissà

Certo a vedere “Dali, Magritte, Man Ray e il Surrealismo” ‘all’intellettuale’ non si corrono rischi.

Il taglio narrativo scelto è quello dell’opposizione al colonialismo ed al concetto di culture “altre” dei surrealisti. Il mito del Messico e dunque un focus su artisti attivi oltreoceano.
Elisabetta Guida