Essere Michel Haddi

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L’altra sera, alla galleria 29 arts in progress “un talk” meraviglioso. Protagonista Michel Haddi, intervistato da Tiziana Castelluzzo, non la solita giornalista – con tanti agganci e poco sapere-,ma un’esperta d’arte che assiste privati e imprese nell’acquisto di opere uniche. E dove, durante la chiacchierata l’arte di Michel Haddi si è liberata nell’aria come un profumo.

Intanto: lui.
Michel Haddi è francese ma nato da una famiglia algerina. In due parole: vita difficile che fa rima con periferia, delinquenza, opportunità che ci sono solo si è abbastanza bravi da crearsele. Aggiungete che ha vissuto per un periodo in un orfanotrofio cattolico, dove però ha potuto studiare. Ha fatto una serie di lavori come il portiere di notte, il cameriere in un ristorante.
Poi la fotografia.
Ha raccontato di essersene innamorato intorno ai diciannove anni, prima voleva solo farcela, diventare qualcuno, raggiungere la gloria diventando reporter. Ma ad un certo punto ha scoperto che la cosa che gli interessava di più erano le persone, capirne l’anima.
Andò a fare l’assistente di un fotografo a Londra da qui gli parti’ la carriera. Gli americani hanno compreso il suo talento ed oggi, allora la moda e divi del cinema.

Appunto: la moda e i divi del cinema. Le sue fotografie sono pennellate di luci ed ombre, hanno un senso di naturale. È difficile tenere queste due frasi una accanto all’altra. Perché se questo articolo non avesse le immagini sembrerebbe la solita agiografia di questo o quell’altro, la solita plastica.
Invece è tutto il contrario. Durante la chiacchierata ha detto che certo sono belli gli ambienti in stile dolce vita, però per entrare in certi ambienti bisogna avere soldi, conoscenze… lui non aveva ne uno ne l’altro, quindi ha detto:

“sono andato per la mia strada”.
Wow: sembra la spiegazione di quando ti dicono che gli obiettivi si raggiungono attraendoli, visto che alla fine è la moda che ha cercato lui.

C’è un altro discorso mi ha interessato moltissimo, cioè le sue fotografie sono pezzi del suo modo di vedere il mondo, cioè Michel Haddi oppure un pezzetto dell’anima della persona fotografata?
Forse entrambe le cose. Mi ha fatto ricordare una lezione di Filosofia dove si parlare di “verità”, come trovarla? Cos’è? Beh secondo Curi, il,professore, la verità è un processo e faceva l’esempio dell’uomo della caverna di Platone e della necessità di confrontarsi così forte che l’ha indotto a tornare nella grotta sebbene gli avrebbero dato del matto. E allora pensavo, che forse, la funzione degli artisti è proprio questa, cogliere dei pezzetti di assoluto.
Al contrario perché sentiremmo appartenenza in una fotografia di Michel Haddi piuttosto che in un affresco romano?
Elisabetta Guida.