Essere corpo. Un’inchiesta

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Nella Grecia Antica chi aveva dalla sua la bellezza era benedetto dagli dei.
Ma cosa è bello?

Qualche anno fa sembrava che un importante esponente del centro-destra fosse responsabile di un certo modo di pensare. Cioè quell’idea per cui identità e riconoscimento erano legati all’avere un corpo che rispondesse a determinati canoni. Personalmente non credo che si pensi diversamente. Forse questa persona ha solo riconosciuto il fenomeno e portato un modo di pensare alla luce. Oggi ci sono eserciti di miss, fidanzate di e mogli. 
Beh, Buon per loro, il mondo è bello perché è vario.
Perché il problema non è dove una persona trovi la felicità, ma, che un modo di pensare, sia diventato pensiero unico. Ed un pensiero unico mai dichiarato, nascosto -a volte dietro la negazione del corpo-.
Prendete i profumi – e non a caso, l’odorato essendo legato al subconscio è il più antico e potente dei nostri sensi-, le loro pubblicità ufficiali e le pagine Instagram di chi si occupa di questa meravigliosa materia. Per la maggior parte rappresentano lo stereotipo. Dal canto loro le Maison ne sono ben contente.  Le persone sublimano la vita ed un corpo che vorrebbero, con il loro prodotto. Dunque hanno clienti assicurati.

A volte penso sia in atto una sorta di fuga dal contenuto, come se ci si rifugiasse nella superficie, dove tutto è “più o meno”, non ci sono molte domande da farsi e la vita prosegue in un rassicurante tran tran. Un modo per rimanere nella propria area di confort.
Ma il messaggio occulto è che per avere successo, per raggiungere la felicità bisogna avere un certo tipo di aspetto. Quindi c’è questa spinta ad uniformarsi.
Non credo al discorso della ‘civiltà dell’immagine’: di immagini ce ne sono tante, ma se ne veicola solo una e se si fa qualcosa di diverso, lo si ostenta, allora non c’è equilibrio. (Anche se qualcosa nelle pubblicità ma soprattutto nelle vetrine sta cambiando).

Allora come liberarsi da questa situazione? Cos’è l’identità? Cosa significa essere corpo?


Premessa: Questa piccolissima inchiesta nasce da una terribile esperienza che ho avuto in una famosa catena di centri estetici pubblicizzata dalla solita ‘Miss’. Così Incuriosita dalla pubblicità, invece di prenotare qualche messaggio per drenare, ho provato questo trattamento che a loro dire avrebbe dovuto essere ‘il non plus ultra’.
Sono stata pesata e fotografata con un cellulare, a una distanza studiata,  in uno spazio buio con una luce forte puntata su fianchi e cosce. Avevo l’aspetto di una persona che aveva appena partorito. Dalle fotografie -se me le avessero date le avrei pubblicate- avrei dovuto portare almeno la taglia 50 mentre sono una 40 e ha detta dell’estetista ho due chili di sovrappeso.  Poi con le immagini alla mano in modo che non perdessi mai di vista le mie parti critiche, mentre le parole cadevano sulla mia pancia “gonfia”, le cosce, i fianchi e il sedere compromesso, mi sono stati proposti pacchetti da 1000 a 5000 euro (le cifra che la titolare del centro ha scarabocchiato sul retro di un foglio… facesse 5445 euro. Se avessi accettato avrei avuto un qualcosa di più “ufficiale”? o lo scontrino senza nessuna specifica?Mah…).
Quindi mi propongono una dieta che mi avrebbe stimolato il metabolismo. Non ho parlato con un nutrizionista, nessuno mi ha chiesto quali fossero le mie abitudini alimentari, ne mi hanno chiesto di farmi prescrivere un banalissimo esame del sangue. E se qualcosa non mi fosse piaciuto delle loro ricette/diet
a si sarebbe resa disponibile a chiamare la sede centrale e parlare con un nutrizionista. Quando ho detto che prendevo la ‘pillola’, mi hanno parlato di correttivi ma quando ho chiesto quali hanno fatto cadere il discorso. Stendo un velo pietoso sugli  esercizi, parte integrante del pacchetto.. Chiunque abbia mai fatto un abbonamento in palestra ha goduto di una maggiore personalizzazione.
Certo l’estetista ha fatto il nome di non so chi, e solo quello mi sarebbe dovuto bastare per mandarmi in brodo di giuggiole.
L’ultimo tentativo di agganciarmi è stato quello della receptionist. Sembrava proprio volessero i miei soldi! Ma in tutta questa opera di convinzione, che ha impegnato il negozio intero, quello che è mancato stato parlare nel dettaglio dei trattamenti che avrebbero dovuto giustificare l’esborso di 5445 euro (l’unica parola che mi viene in mente è fede).

Ora, le domande sono:.
1- In Italia chi può creare un piano alimentare? (Qual’e’ il confine tra la libertà di mangiare ciò che si svuole e la manipolazione?)
2- Qual’e’ lo stato dell’arte sulle diete?
3- Perché la prima scelta di una persona che desidera fare cambiamenti sul proprio corpo non è un medico estetico?

Ho chiesto all’Ordine dei Medici di Firenze chi  possa prescrivere una dieta. Pare che gli unici a poterlo fare sono  i medici chirurghi o i medici nutrizionisti -previa visita da un medico chirurgo- per capirne la necessità. Mentre a crearla materialmente sono i dietisti (cioè i tecnici dell’alimentazione) sotto la direzione di un medico.
A tutela del cittadino, ci sono i controlli asl (azienda sanitaria locale) e nas (nucleo antisofisticazione e sanità).

Ma se si fa una ricerca Google ci sono legioni di centri estetici dimagranti, o solo dimagranti. Molti dei quali, a prova della loro presa sociale pubblicizzano offerte di  franchising. Per non parlare delle diete pubblicate sulle riviste o dei milioni di libri che consigliano di mangiare questo o quello.
Perché certo, ognuno può scegliere cosa mangiare e seguire i consigli di chi considera degno di fiducia.

E allora a chiedersi quale sarebbe la professionalità migliore a cui affidarsi per raggiungere la forma desiderata, la risposta e’ il ‘bio-nutrizionista’; e per una ragione affascinantissima: la Nutrigenetica. Infatti sembra che non esista un unico regime alimentare sano, valido per chiunque; quello che è perfetto per una persona, può essere nefasto per un altra.
Ognuno è diverso. Il dna non determina solo il colore degli occhi e dei capelli, ma disegna un profilo genetico individuale. E pare basti un prelievo del sangue e la ricerca di marcatori cromosomici specifici per sapere.

Il rischio di affidarsi ad una dieta ‘per tutti’ è di innescare patologie che neppure si sapeva di avere. E dovere fronteggiare problemi cardiovascolari, dismetabolici che tradotto significano obesità, diabete, ictus, trombosi stati infiammatori cronici ed altre disgrazie (l’alimentazione può proteggere come esporre ad un problema).

Dunque: perché chi vuole dimagrire non si rivolge a queste persone ? Magari in sinergia  con altre professionalità? (perché se i chili sono tanti ci sarà bisogno di rassodare. E la tecnologia che ha a disposizione un dermatologo non è quella dell’ estetista. Per di più alcune diete drastiche possono causare addirittura perdite di capelli.
Li per li mi sono risposta che si tratta di una questione economica… ma 5445 euro per: non si sa quali trattamenti estetici -comunque svolti da estetiste e con una tecnologia da centro estetico -; ginnastica inviata per email ed una dieta data come se l’avessi letta da qualche parte…. No, non è una questione economica.
La prima cosa a cui ho pensato è stata la sindrome della farmacia. Cioè l’idea di risolvere il problema con gentilezza, senza il solito luminare che fa sentire come se si fosse ‘una cosa’, o dover sopportare la maleducazione di chi si sente il detentore del Sapere.
(Perché la soluzione non è ‘qualunque’ medico va bene. Bisogna mettersi alla ricerca, spendere soldi, trovare il professionista che ci rispetta. Cosa che implica rispettare se stessi.)

Allora si torna al punto di partenza: il rispetto e la consapevolezza di se stessi. Quindi : cos’è l’identità? Cos’è un corpo? Soprattutto come si sostituisce la percezione della società con la nostra (considerato che gli esseri umani conoscono sempre in relazione a qualcos’altro). Ancora: qual’è la strada che  porta alla ’centratura’? 

Ho chiesto alla Dott.ssa Alessandra Ferlini, psicoterapeuta – e che proprio in questo momento sta scrivendo un libro sul tema- di aiutarmi a capire. 

Ho scoperto che  il concetto di Identità è una costellazione. Dentro c’è:  la cultura in cui siamo immersi , la psicologia, il corpo, l’emotività. Soprattutto che è attraverso il corpo che si crea il sentimento di se’. Il quale poi va a legarsi alle sensazioni ed ai concetti di dentro e fuori. Per esempio in un neonato il tocco della pelle è l’inizio dello sviluppo dei sensi.
Le  vicissitudini del corpo si imprimono nel tessuto sensibile interiore e restano come fossero comandi. Parte tutto da un corpo dato e continua con un’incessante sintesi tra ciò che vediamo e lo sguardo che riceviamo dagli altri. C’è un costante adattamento cerebrale dell’idea di corpo.
E sicuramente fare esperienza di se stessi non sempre è facile, gli sguardi sono tanti e a volte fanno dimenticare che l’unicità è un bene prezioso. Così si cade nella trappola dell’omologazione, dello stereotipo e del gioco manipolatorio. Ci sono persone che dopo un intervento plastico che doveva essere “la soluzione ad ogni problema” non si riescono più a riconosce. Come se l’estraniazione non avesse confini ma solo vuoto; qualunque sia la direzione. Di fondo c’è il dramma della ricerca dell’immagine di se’ è L’idealizzazione di alcuni elementi estetici che poi calati nella realtà perdono tutta la loro magia.

Allora come fare? Come raggiungere l’equilibrio? Ecco il decalogo della  Dott.ssa Ferlini:

1– liberarsi dagli stereotipi, magari giocandoci. (Lei lo fa: nelle sue sedute di gruppo usa i vestiti, rappresentanti dei cliché, e le opere d’arte, rappresentanti dell’eternità).
2– Farsi la domanda fondamentale: ‘chi sono’. È una volta risposto, farla seguire da un paio d’altre. Vale a dire ‘quanto mi sento amato?’; ‘quanto sono degna d’amore?’.
3– Se poi ci si ritrova di fronte ad un disagio, beh sapere della sua esistenza è fantastico, perché l’importante è risolvere. I sintomi, non sono mancanze, ma ricchezza, affondano nelle nostre radici. 
4– ricordare che nel momento in cui si delega a qualcun’altro la visione  di noi, siamo fregate.
Elisabetta Guida

Dietro l’articolo:
– Questa mattina stavo chiacchierando dell’articolo con la mia insegnante di francese, Audrey Anseeuw, e a proposito mi parlava della prospettiva buddista, cioè l’idea di vivere il momento,  piuttosto che stare nella prospettiva di un futuro più o meno rappresentato secondo canoni irreali. Questo potrebbe essere un modo per riportare la questione che ci disturba in una dimensione più semplice, vista senza essere caricata da aspetti che sono esterni a noi.
– Mentre quello che faccio io è combinare: la regola del romanzo di Chiara Gamberale “Per dieci minuti” -cioè fare qualcosa di mai fatto prima in questo arco di tempo-; con una frase del piccolo principe ‘la perfezione si raggiunge quando non c’è più niente da togliere’. L’idea è proprio togliermi i cliché dalla mente e capire, se esiste il problema o se invece senza quel ‘difetto’ non sarei più io.  Premesse: 1- la mia convinzione è che siamo energia cristallizzata in un corpo dunque ogni caratteristica fisica è il risultato della nostra individualità. Sentirsi corpo significa avere consapevolezza di se, amarsi, comprendendo che mentre una parte di noi continua ad evolvere, l’altra invece resta un po’ più ferma; invecchia, è fragile. 2- Ci fanno credere che il nostro corpo, o una parte del nostro corpo è la causa di non potere essere qualcosa. A pensarci è il contrario, perché è ciò che ci permette di fare è muoverci nel mondo, essere. Odiare una parte di noi è un’assoluta perdita di tempo. Significa rimanere fermi mentre tutto il resto si muove ed il tempo a nostra disposizione è poco.