Appesi


Penso all’Orlando Furioso. Un tipo da incubo: casto, austero, coraggioso e devoto. Santo Cielo. E se sentite vi manca l’aria, dal punto di vista di Orlando è tutto il contrario. Tanto che si riteneva un uomo così valoroso che non si capacitava di come Angelica si fosse innamorata di Medoro. Morale: impazzì.
Ma l’altro pezzo della storia racconta che, un bel giorno, mentre cavalcava per una delle tante foreste del mondo, trovò ristoro in un castello che dava ospitalità a tutti viandanti. La particolarità era che chiunque vi entrasse perdeva la capacità di parlare. L’unico modo che avevano per esprimersi era usare un mazzo di tarocchi. Così Orlando cominciò ad estrarre le carte. L’ultima, a conclusione del suo racconto fu l’appeso, perché disse: quello era il modo attraverso cui si deve guardare il mondo.
Verrebbe da rispondere cose intendesse per rovescio, perché io ci vedo il nostro modo di vedere il mondo contro le credenze che ci vengono imposte.
Ma più interessante è l’identità tra l’appeso e l’universo dei punti di vista differenti. (Addirittura c’è un’antica interpretazione che associa questa carta al tradimento, per sottolineare ancora di più il punto di rottura, l’altra idea).


Vicenda & connessioni che mi fanno pensare ai vestiti, a quelli che ci leviamo come se ci togliessimo di dosso l’intera giornata prima di buttarci sotto la doccia e chiudere con il passato.
Però gli abiti no, prima di seguire il loro destino, rimangono appesi con tutti i nostri vissuti ancora attaccati.
Una volta chiacchierando con un amico ci chiedevamo che fine fanno i momenti che viviamo. Cioè, a pensarci, noi, come se girassimo un film, cambiamo scena, ma loro, presi come singoli fenomeni? Qual’e’ il loro destino? Come si incastrano con il movimento del mondo?
Credo sia lo stesso discorso: perché niente assorbe più pezzi di vita di un vestito (È la nostra seconda pelle). Ed è curioso vederli lì appesi come imprigionati in un tempo immobile.
Viene da chiedersi se sia davvero così e se no, tutte queste emozioni dove vanno, cosa fanno.


Personalmente credo che sia come nella carta numero 12 dei tarocchi: sono fermi perché fanno la cosa più difficile del mondo, cambiano punto di vista.
Fate caso più siamo convinti di una verità più ci imbattiamo in prove che la supportano. E’ come se le convinzioni fossero una serie puntini da unire, una volta individuato un disegno, ci mettiamo in movimento per trovare confermo. I vestiti rimangono appesi, e si chiedono: ‘se il colpevole fosse un altro’, inscenando un’altra storia, magari il thriller dell’estate.
Poi chissà come la cosa si combina con noi. Loro finiscono in lavatrice, noi continuiamo per le nostre strade. Che poi finiscano nel mondo delle possibilità, in un qualche universo dove tutto deve ancora succedere… è un mistero.
Elisabetta Guida.
