Andare.

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In genere si pensa all’assenza del tempo: l’idea di eternità,  la fine della varie seccature legate alla precarietà. 
Ma che alla fine dei conti, potrebbe rivelarsi in una noia. Prendete i greci, loro associavano l’infinito, alla perfezione, e dunque  non avendo un difetto era uguale ed immutabile.

E se invece a non esistere fosse lo spazio? cioè se vivessimo senza la rete di un sopra o di un sotto, o comunque di un sistema che mette ogni cosa al suo posto?
Sarebbe come la nuova serie di alberi di Iaia Filiberti: rivoluzione e terremoto di punti di vista.

Saranno i rami che, -oltre che essere rami-, sono radici, reti neuronali, vasi sanguigni. Sarà il bianco, contro cui si stagliano, che nei suoi due significati -da una parte il colore del lutto; dall’altro della luce-, lo leggo come un intreccio di inizio e fine.  Oppure  l’associazione corpo, piante, natura, forme di vita.

Ma fondamentalmente per me  è il non luogo.

La sensazione che mi arriva è di una forma di vita che si espande senza punti di riferimento, che non siano i propri. Non c’è bene, non c’è male (dove l’unico limite è il rispetto degli altri esseri viventi) , ne c’è cielo o terra.
Ad esserci è invece -e con una forza invincibile- la vita e la sua unicità al di là di ogni stereotipo. Un respiro, un cuore che batte. 
È la libertà che fa rima con essere e che va ad impattare con il concetto di nutrimento che a sua volta ci impone di scegliere dove andare.
Perché bisogna crederci, bisogna avere coraggio. 

Mi spiego. Qualche settimana fa avevo visto  “Touch Sound”, la storia di una bambina che a 11 anni si è trovata completamente sorda, ma che è riuscita a frequentare il Royal College of Music e a fare la  musicista; nonostante il mondo (ad eccezione della sua famiglia) le consigliasse di prendere altre strade. Seguire se stessa le ha fatto scoprire il suono non si sente solo con l’udito ma con la vibrazione. Risultato: certezze e verità incrollabili non esistono.

Ecco, i rami di Iaia Filiberti sono una consapevolezza di andare, ma anche una libertà, così libera, che un po’ fa paura. Elisabetta Guida

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